Scilla
Chianalea
La parte più suggestiva del borgo è senza dubbio Chianalea, il cuore di Scilla chiamata anche la Venezia del sud perché è in parte immersa nel mare, qui le case posano infatti le loro fondamenta sugli scogli. È un piccolo villaggio che si mantiene grazie alla pesca, capita spesso infatti, attraversando i vicoli del villaggio di incontrare dei pescatori che riparano proprie le reti.
A Chianalea il tempo pare essersi fermato, qui gli edifici rimandano ai tempi passati creando un’atmosfera che rimanda ai tempi passati vegliata dal Castello dei Ruffo.
La Mitologia
Il motivo principale per cui il borgo di Scilla è conosciuto riguarda le leggende che si sviluppano intorno a questa cittadina vicino al mar Tirreno.
Un tempo a Reggio Calabria viveva la ninfa Scilla che si recava spesso a Zancle per passeggiare sulla spiaggia e farsi il bagno nel mar Tirreno. Una sera vide spuntare dalle onde un essere di natura divina mezzo uomo e mezzo pesce con una barba verde: Glauco. Scilla, spaventata, si rifugiò sulla vetta di un monte lì vicino. L’essere di natura divina si innamorò di Scilla e cominciò a raccontarle la sua storia.
Glauco era un pescatore che, tornando da una battuta di pesca, stese le sue reti per terra e vide i pesci da lui catturati saltellare via e tornare in mare aperto. Pensò quindi che l’erba dove aveva posato i pesci fosse magica e decise di mangiarla. Dopo averla mangiata si trasformò in un essere attratto dall’acqua. Scilla, noncurante del dolore di Glauco, se ne andò e successivamente l’essere di natura divina decise di recarsi dalla Maga Circe per trasformare Scilla in un essere come lui. La maga rifiutò e chiese a Glauco di unirsi a lei, ma lui non volle tradire l’amore provato per Scilla. Circe decise di maledire la ninfa trasformandola in un mostro con sei teste di cane che le spuntavano da sotto le anche. Scilla, disperata, si rifugiò in uno scoglio vicino alla grotta di Cariddi. Da allora Scilla e Cariddi divennero il timore dei naviganti che attraversavano le acque dello Stretto Di Messina dove Cariddi ingoia e rigetta l’acqua del mare per tre volte al giorno mentre Scilla afferra con le sue teste di cane gli sfortunati marinai che lo attraversano. Secondo i versi cantati da Omero nell’Odissea, la maga Circe consigliò a Ulisse di attraversare lo stretto navigando vicino Scilla perché Cariddi avrebbe fatto affondare l’intera nave. Scilla è un patrimonio culturale della Calabria che ci rende unici. Di solito la nostra preziosa terra non viene presa molto in considerazione, ma dovremmo imparare ad apprezzare la Calabria e le sue bellezze. La Chiesa Dello Spirito Santo di Scilla è una chiesa risalente al XVIII secolo situata nel quartiere di Marina Grande che venne distrutta diverse volte tra l’Ottocento e il Novecento a causa dei terremoti ma venne ristrutturata grazie alla devozione dei marinai che, nel 1778, fondarono la confraternita dello Spirito Santo.